Quantcast
Channel: lettura candita
Viewing all 1679 articles
Browse latest View live

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

IL MERAVIGLIOSO

Il meraviglioso Cicciapelliccia, Beatrice Alemagna
Topipittori 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Mio padre parla cinque lingue, mia madre canta come un fringuello, mia sorella è la regina del pattinaggio e io non so fare niente.
Ma niente di niente,
In ogni caso, questo era quello che pensavo. Fino a questa mattina, quando ho sentito mia sorella che diceva: ' Compleanno-mamma-ciccia-pelliccia'. Oh, no! Avrebbe ancora regalato qualcosa di fantastico alla mamma!"

Edith, Eddie per gli amici, ha solo cinque anni e mezzo e una scarsa opinione di sé. Ora si avvicina il compleanno della mamma e lei vorrebbe essere all'altezza di sua sorella maggiore nello sceglierle un regalo altrettanto bello. Ma quella frase sentita così, tutta spizzichi e bocconi, non le è di nessun aiuto. Ciccia? Pelliccia? Che cosa sarà? 

Così decide di uscire e chiedere informazioni ai suoi cinque amici: Monsieur Jean il panettiere. Lui non ha idea di cosa sia un CICCIAPELOSO. Le regala, in compenso una buona brioche calda di forno. Lo stesso Wendy, la fioraia, non sa cosa sia un CICCIAMOLLICCIA, ma le dona comunque un quadrifoglio. Anche Mimì, padrona del negozio di moda, o Emmet l'antiquario non riescono ad aiutarla. 
Men che meno le è utile lo scorbutico macellaio. Sconsolata, Eddie, dopo aver girato in lungo e in largo per la città, al riparo dalla neve che scende sente dei rumorini...ed eccolo lì: un meraviglioso CICCIAPELLICCIA. Adorabile. Ciccione. Per nulla chic e soprattutto rarissimo. Ma purtroppo non è ancora finita l'avventura di Eddie, perché il Cicciapelliccia si infila velocissimo nel bidone della spazzatura e tirarlo fuori di lì e renderlo presentabile non sarà così facile...Ma tutto è bene quel che finisce bene. Uno spazzino compiacente e una fontana in piazza completano la missione di Eddie, ovvero portare alla mamma un regalo unico e speciale. E, se non bastasse, Eddie ora è consapevole di saper fare bene una cosa che nessun altro sa fare: trovare i Cicciapelliccia.


Eddie deve superare una prova difficile: trovare un bel regalo per la sua mamma. Come in una fiaba, la piccola Eddie fa il suo percorso di esperienze e, come in una fiaba, nel suo viaggiare riceve, di volta in volta dai suoi amici, oggetti che si rivelano utili per arrivare a una conclusione positiva. Dalla brioche, al bottone di madreperla, al quadrifoglio, al francobollo raro, la piccola Eddie colleziona e mette da parte per tempi migliori. E ogni oggetto trova un suo uso alternativo e un po' magico. Il meraviglioso, proprio come nelle fiabe. 
Anche un po' come Pippi Calzelunghe (che peraltro apre il libro con una sua riflessione indimenticabile), tutta sola in un mondo di grandi, Eddie si mette in gioco e gioca. Gioca soprattutto con il nome del suo oggetto del desiderio: da CICCIAPIUMINO a AMBARABACCICICCIOTTÒ in una serie di varianti belle e sonore. Gioca anche con la sua immaginazione perché anche lei sembra non sapere bene cosa stia cercando. La certezza di essere arrivata al traguardo la ha solo quando lo vede. 

Effettivamente è irresistibile quel creaturino un po' topetto dai peli ritti e di un rosa indimenticabile (quello stesso colore dei risguardi finali de I cinque malfatti). Il CICCIAPELLICCIA sarà molte cose assieme: cuscino, sciarpa, pianta ornamentale, pennello e cappello. Come conferma la gioia della mamma nell'indossarlo prima di uscire.


Allegra bambina sbilenca con inimitabili calze a righe, come se fossero una citazione, questa Eddie di Beatrice Alemagna è portatrice di infanzia. 

Di una infanzia gagliarda e meravigliosa, nel suo modo di muoversi nel mondo, nella sua scettica fiducia nei grandi, nella sua inventiva, nella sua caparbietà ad andare avanti, nel suo sorriso sornione, a missione compiuta. Altrettanto gagliarda è Beatrice Alemagna nell'uso dello spazio e del colore. Questo rosa indimenticabile del piumino di Eddie e del Cicciapelliccia 'salta' e si esalta per brillantezza su una paletta di colori piuttosto scuri ed è una sorta di sigla di 'leggera follia', la stessa che distingue anche Eddie. Dalle grandi architetture parigine di Un leone a Parigi (Donzelli 2009), qui siamo davanti a una panoramica di una piccola città con tanti negozi e botteghe sempre diversi con insegne e vetrine colorate, attraversate da una strada di pavet su cui si segue il lungo percorso della piccola Eddie. Compare qua e là, a interrompere il colore, il collage con la fotografia. Ogni tavola, secondo prospettive anche molto diverse, vicine o lontane, si rivela una festa di dettagli, spesso a matita, che caratterizzano i singoli negozi. Un repertorio sempre un po' sbilenco di uomini e architetture dentro cui è una gioia andare a curiosare e anche un po' perdersi.

Carla

Article 4

$
0
0
A VOLTE RITORNANO

Eccomi dopo tanti mesi di assenza. Mi è mancato non riuscire a scrivere il post settimanale o quasi, ma l’immersione totale in consegne di lavoro molto pressanti mi ha impedito di preparare qualsiasi cibo che non fosse legato alla pura sussistenza.
Il periodo non è finito, ma qualche giorno di vacanza è servito per farmi ricordare una ricetta che trovo buonissima ed è costituita da ingredienti che proprio in questo momento dell’anno iniziano a maturare: zucche e mele.
Anche quest’anno ho raccolto nel campo di Albertina la zucca.
Eccola qui:


Le mele che ho trovato sono di una varietà che matura alla fine dell’estate, le Gala, anche se, in effetti, quelle più adatte per la cucina sono le renette che ancora non si trovano.

Ingredienti:

per la pasta
350 gr di farina
200 gr di burro
100 gr di zucchero
1 uovo
scorza grattugiata di un limone
un pizzico di sale

per il ripieno
1 kg di mele
400 gr di zucca decorticata
400 gr di zucchero e un cucchiaio
700 cl di acqua
una noce di burro
2 cucchiai di marmellata di arance


Preparate la pasta frolla unendo la farina, il burro morbido a pezzetti e la scorza di limone fino a ottenere un insieme di briciole. Disponetele a fontana e mettete al centro l’uovo, lo zucchero e il sale.
Con la punta delle dita impastate il tutto velocemente. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e mettetela in frigo per almeno un’ora.
Intanto mettete in una pentola l’acqua e lo zucchero e portate a ebollizione. Abbassate il fuoco e mettete la zucca tagliata a fettine di mezzo centimetro.
Fate sobbollire per dieci minuti. Scolate la zucca e fatela raffreddare.
Pelate le mele e tagliatele a fettine di un centimetro di spessore.
Fate scaldare in padella una noce di burro, unite le mele, fatele insaporire per 5 minuti aggiungendo anche un cucchiaio di zucchero.
Rivestite con la pasta frolla uno stampo di 26 cm di diametro (io ne ho usato uno quadrato da 22 cm di lato). Spalmate sul fondo 2 cucchiai di marmellata di arance e disponetevi sopra uno strato di fettine di mela. Procedete con la zucca fino a esaurire gli ingredienti. Finite con le mele.
Se vi è avanzata della pasta preparate le striscioline e componete la griglia finale.
Infornate a 180° per 45 minuti.

Lulli



UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

$
0
0

LA SCELTA DELL'EDITORE


Il confronto che oggi vi propongo è fra due romanzi pubblicati dallo stesso editore, che li ha virtualmente collocati in scaffali lontani, la narrativa per ragazzi e il romanzo fantastico, o fantasy, se preferite. Quest'ultimo, L'oceano in fondo al sentiero (qui l'autore che legge) di Neil Gaiman, in America è proposto ai più giovani, mentre qui la collocazione nella collana Strade blu, ora in Oscar, della Mondadori lo colloca nella narrativa 'per grandi', e dunque ha raggiunto solo i giovani lettori più informati. E' vero che Gaiman è uno scrittore duttile, che spazia dal fumetto alle storie esplicitamente per bambini, e spesso è difficilmente riducibile a un genere o all'altro. Vi racconto, allora, brevemente la trama: la narrazione parte con un protagonista adulto, che torna nei luoghi della sua infanzia, in occasione di un funerale; qualcosa lo spinge a cercare una casa, dove vive l'enigmatica signora Hempstock, sul cui terreno si trova uno stagno. Sedendosi qui, su una panchina a contemplare l'acqua, ricorda cosa successe quando aveva sette anni. Tutto cominciò con la morte del suo gatto e col suicidio di uno strano visitatore, cui seguì l'incontro con una famiglia di sole donne, la più giovane delle quali, Lettie, era poco più grande di lui, ed è lei che lo aspetta ancora, nello stagno dietro la casa delle signore Hempstock, la cui memoria arriva all'inizio dei tempi.
Dunque, per buona parte del romanzo abbiamo per protagonista un bambino di sette anni che la sorte spinge ad incontrare il labile confine fra questo ed altri mondi.
L'infanzia è popolata di personaggi straordinari, del bene e del male che si combattono senza esclusione di colpi, di drammi infinitesimali che cambiano il corso della vita. Questo mondo di mezzo, fra realtà e fantasia, pieno di inquietudini, di oscurità, Neil Gaiman lo descrive con maestria: chi non ha combattuto epiche battaglie, avventure straordinarie, in compagnia dei personaggi che popolano la fantasia, non legga questo libro; come lo stesso protagonista, appartiene alla categoria di persone che hanno dimenticato un bel pezzo della propria infanzia. Diventare grandi implica davvero dimenticare i mostri, le streghe buone, le battaglie contro le oscurità misteriose e maligne? Come si vede, dietro la linearità di una trama fantastica e un linguaggio spesso infantile, si cela una complessità e una domanda che può essere di vitale importanza per un adolescente, un ragazzo o una ragazza che ancora non sa che fare della propria infanzia.
'I bambini, come dicevo, usano vie traverse e sentieri nascosti, mentre gli adulti seguono le strade maestre e i percorsi stabiliti.'


L'altro libro che vorrei proporvi è L'alfabeto del silenzio, che ha una storia per certi versi speculare; romanzo a tutto tondo, con elementi di interesse anche per i ragazzi più grandi, è stato ristampato, da una prima edizione scolastica, direttamente nella collana Oscar junior, escludendo un lettore più maturo. Qui troviamo una bella storia d'amicizia fra Connor, l'io narrante, e Brandwell, immerso in un improvviso mutismo dopo un evento traumatico. E' stato forse lui il responsabile della caduta della piccola Nikki, la sorellastra ora in coma?
Il romanzo parte da qui, da un amico messo di fronte al dubbio di una tragedia sfiorata; ma un amico è un amico, e Connor ce la mette tutta nel cercare la verità, che non può passare altro che da quello che Brandwell dirà; ma come comunicare con lui? E' necessario inventare un nuovo alfabeto, un nuovo linguaggio, per scoprire una verità che, ovviamente, non è quella che appare.
La trama non può essere svelata più di così, se non aggiungendo che svolge un ruolo importante la baby-sitter Vivian, oggetto del desiderio del preadolescente diventato muto. Di cosa realmente si sente in colpa, forse dell'attrazione provata nei confronti di questa ragazza più grande, esibizionista e maliziosa? Diventare grandi è anche fare i conti con un desiderio che appare ancora oscuro, imbarazzante, colpevole. Ed è il confronto con un amico vero, disposto ad ascoltare l'alfabeto del silenzio, che consente di ritrovare la strada della normalità, l'affermazione di una verità liberatoria. Dunque, una grande storia di amicizia e una storia che ruota intorno al tema della paura di diventare grandi, del senso di colpa che ne deriva e del rifiuto del mondo adulto, segnato dall'inganno.

Vi ho proposto questi due libri, entrambi adatti a giovani lettori e lettrici dotati di una certa maturità personale, dai tredici anni in poi, perché sono ottimi romanzi e, nello stesso tempo, rappresentano bene gli strani meccanismi editoriali: attribuire un testo a una certa collana implica predeterminarne la collocazione in libreria. Sbagliare collana, così come copertina o formato, può significare far morire un libro senza che sia mai sottoposto al giudizio del suo pubblico ideale. Questo è ancor più vero soprattutto perché buona parte dei lettori si serve da librerie, fisiche o virtuali, in cui il filtro critico del libraio è stato eliminato.

Eleonora

L'oceano in fondo al sentiero”, N. Gaiman, Mondadori 2013
L'alfabeto del silenzio”, E.L. Konigsburg, Mondadori 2002, 2015






LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

LA FILOSOFIA ILLUSTRATA

Il mare nel deserto, Silvia Paradisi, Leticia Ruifernández
Orecchio acerbo 2015



ILLUSTRATI PER MEDI (dagli otto anni)

"La pozza d'acqua lei era sicura: lei era il mare e nessuno poteva affermare il contrario. La palma scosse le foglie, quasi un po' irritata. Ormai era stanca di quella storia: non era il mare, no e gliel'avrebbe dimostrato."

Vicine da sempre, la pozza d'acqua in una oasi nel deserto e l'alta palma che le è cresciuta accanto e che ora la ombreggia discutono. L'argomento è l'infelicità della pozza che è convinta di essere mare e che quindi di essere fuori posto, in mezzo a tanto deserto. La palma, che dalla sua altezza pensa di essere più saggia, argomenta la sua posizione attraverso tre dati a suo dire inconfutabili: il mare deve avere conchiglie sulla riva, uccelli che le volino sopra e bambini che nuotino dentro. In effetti la pozza è costretta ad ammettere di non possedere nessuno dei tre elementi. E mentre è li che si ripromette di verificare quanto sostenuto dalla palma, a molti chilometri di distanza una donna e la sua bambina si abbracciano per consolarsi di un grande dolore. Il marito della donna, il padre della bambina, è appena morto. Piena di tristezza e solitudine, la donna decide che per lei e per sua figlia sia giunto il momento di 'tornare a casa'. Prima di intraprendere il lungo viaggio che le aspetta per arrivare al villaggio di origine, un piccolo gruppo di case nate intorno a un'oasi, la bambina decide di salutare per l'ultima volta la cosa più cara che ha: il mare. Un ultimo bagno di commiato, con gli uccelli che le volano sopra e con le tasche del vestito piene di conchiglie.
Ed ecco che le due storie si congiungono: la destinazione di madre e figlia è proprio l'oasi dove pozza e palma discutono. E, destino vuole che la pozza ora abbia tutti e tre gli elementi che la palma aveva indicato come imprescindibili per essere mare. Ma più di conchiglie che poi diventano collane, bambine che poi diventano donne, uccelli che sono solo di passaggio, può il tempo. Solo con il tempo la pozza raggiunge la felicità, scoprendo, in un percorso personale, che per essere felici non occorrono conchiglie, bambini e uccelli ma 'solo' accettazione di sé.

Un albo illustrato che è anche un libro di filosofia. Filosofia illustrata.
Come accade molto spesso, il pensiero profondo e complesso trova espressione non solo nelle parole, ma anche di più nel segno, ovvero nel disegno.
Potrebbe sembrare un'ovvietà, ma in tempi oscurantisti come sono i nostri (dove i libri illustrati vengono messi all'indice da ottusi sindaci o da organizzatori di importanti premi letterari) forse è il caso di ribadire quanto l'illustrazione sia un codice di comunicazione di grandissima efficacia, importanza e valore. Non mi sento di dire che il bel testo di Silvia Paradisi sarebbe poca cosa senza gli acquerelli di Leticia Ruifernández, ma sono convinta, come accade in ogni bell'albo illustrato, che testo e immagine si compenetrino a tal punto da valorizzarsi a vicenda.
Non difenderò da qui l'albo illustrato, tout court, anche se penso che evidentemente ce ne sia un urgente bisogno, ma mi 'limito' a constatare che quest'albo illustrato, in entrambe le sue parti -parole e immagini- è un utile strumento di riflessione (missione principale di ogni libro), oltre che essere una gioia per gli occhi. I ragionamenti di una pozza d'acqua e di una palma, sono l'esito di una raffinata narrazione di Silvia Paradisi su un tema di proporzioni ciclopiche: il senso della propria esistenza. Declinato secondo una prospettiva che vede l'accettazione di sé come risolutiva per il raggiungimento della propria felicità, l'argomentare della Paradisi va anche oltre e dimostra al piccolo come al grande lettore che nella vita è meglio trovare in sé le ragioni, il senso dell'esistenza, piuttosto che cercare altrove effimere e passeggere spiegazioni. E ultimo ma non ultimo, sembra dire il racconto, nella vita bisogna cercare di essere ciò che ci si sente di essere e al diavolo i condizionamenti e la saggezza delle palme. A tutto questo aggiungete la sensibilità delle tavole di Leticia Ruifernández che, montate in una rilegatura che sembra un calendario, sono fatte di luce e di trasparenze. Ogni piccola sfumatura emotiva viene accolta ed amplificata: la relazione affettiva fra madre e figlia, l'ingenuità del corpo nudo della bambina vista di schiena ne sono un emblematico esempio. In un gioco di rimandi cromatici tra il mare di giallo del deserto e il mare di bianco e celeste del villaggio, regna sovrano il colore rosso della bambina, indimenticabile e unico fin dalla copertina.

Carla

Noterella al margine: complice la crudeltà mentale dell'Acea, mio fornitore di energia, e complice il risentimento che mi ribolle dentro al sapere che in un prestigioso premio letterario, quale pensavo fosse lo Strega, si escludono per regolamento i libri con le illustrazioni, PER RABBIA pubblico questo post con la sola illustrazione della copertina. Per una volta voglio allinearmi con tutti coloro che pensano che le illustrazioni siano una strada in discesa verso lo spianamento del pensiero complesso.

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

BENEDETTA FANTASCIENZA!


Davvero originale il nuovo romanzo di Tommaso Percivale, Messaggio dall'impossibile, che prende spunto e ispirazione dalle imprese spaziali di Unione Sovietica e America nei primi anni '60; ma prende spunto anche dalla copiosa produzione letteraria che in quegli anni infiammò la fantasia di moltissimi ragazzi e ragazze, me compresa: la fantascienza, classica letteratura 'di genere' che in realtà spaziava da argomenti sociologici a quelli scientifici o filosofici e che ha ispirato molti film passati alla storia.
Anche l'autore, con tutta evidenza, si è nutrito di questo misconosciuto patrimonio letterario e cinematografico, cui affida, con degnissime citazioni, l'apertura di molti capitoli.
Il protagonista di questa storia, Buccia, timido quattordicenne torinese, cresce nutrendosi di storie di questo tipo, ma, appunto, siamo negli anni '60; Buccia non va a scuola, fa qualche lavoretto e nel tempo libero si è costruito una radio artigianale insieme all'amico Jack; non sono veri e propri radioamatori, ma spigolano nel mondo dell'etere alla ricerca di scoperte e di complotti. E, guarda caso, ci cascano dentro.
Incappano, infatti, nel caso di due radioamatori torinesi che nel '61 captano un messaggio dallo spazio; forse è di una misteriosa astronauta russa. Ma c'è un mistero, qualcuno vuole a tutti i costi dei documenti legati a quella trasmissione. Buccia viene inseguito, investito, ricattato, ma grazie all'aiuto dell'amica Vic, indomita meccanica, riesce a spuntarla.
Percivale, contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, ci appronta un finale imprevisto e che può far discutere, soprattutto perché Buccia è un antieroe e non fa ciò che ci si aspetterebbe di più, la cosa giusta. La verità, che è anche una verità storica, non verrà a galla, Buccia la affonda insieme alla sua infanzia e così farà con Jack, il suo grande amico.
Come si vede, c'è da discutere e credo che sarebbe un discorso interessante da fare con i giovani lettori e lettrici, a partire dai dodici anni. E' questo il punto su cui ho qualche perplessità.
Bella, d'altro canto, la ricostruzione storica del clima di quegli anni, segnati dalle imprese straordinarie della esplorazione dello spazio: fantasie, progetti, sogni di espansioni future, destinati col tempo ad affievolirsi e quasi sparire. Se allora queste imprese infiammavano la fantasia dei più giovani, ora l'esplorazione dello spazio, che ha consentito di vedere cose mai viste, non appassiona più di tanto e la stessa letteratura è specchio di questo disinteresse. Sono molti a fantasticare di mondi distopici o di cavalieri e dame in chiave fantasy. Molti meno ad interrogarsi sul futuro dell'umanità e della scienza, su un altrove concreto, solo per ora inibito alla nostra conoscenza.
L'unica degna eccezione in questo senso sono stati i romanzi di Stephen e Lucy Hawking, per altro ben apprezzati dai lettori.
Chissà, poi, se le citazioni e i riferimenti a tanti capolavori della fantascienza, primo fra tutti Cristalli sognanti, non possa far crescere un pizzico di curiosità in quel vasto territorio dimenticato della narrativa 'di genere'. Ai tanti autori citati da Percivale aggiungerei Sheckley, Simak, Vance, Brown, Dick.
Confido nel ciclico riscoprire ciò che per moda è stato dimenticato.

Eleonora

Messaggio dall'impossibile”, T. Percivale, Einaudi Ragazzi 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

DEL DESIDERIO
La storia del mantello magico, L. Frank Baum, Aurélia Fronty
(trad. Marianna Cozzi)
Donzelli 2015



NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)

"'Che ne dite di tessere un mantello magico?' propose Espa, una dolce fatina che non aveva ancora parlato. 'Un mantello? Certo! Potremmo tesserlo facilmente' ribatté la regina. 'Ma che tipo di poteri magici dovrebbe avere?''Chi lo indosserà vedrà esaudito all'istante ogni desiderio' disse Espa in tono allegro."

Le fate, come in tutte le notti di luna piena, si erano riunite nella radura di una foresta magica per danzare, ma la regina Lulea e le sue ancelle sono annoiate dal ballo. La noia porta spesso buone idee e le fate decidono di creare qualcosa di magico: un cappello? già fatto. Un paio di stivali? già fatto anche quello. Trovato: tessere un mantello magico che possa esaudire un unico desiderio, il primo, a patto che la persona che lo indossa in quel momento non lo abbia rubato. Ora resta solo da decidere a chi regalarlo. L'omino della luna, interpellato dalle fate, così sentenzia: alla prima persona infelice che incontrerete. I felici non hanno bisogno di nessun mantello! 

 
Un infelice effettivamente c'è sul percorso della fata addetta alla consegna ed è Margherita, detta Fiocco, una bimbetta appena orfana che con il suo fratellino Timoteo, detto Lallo, è in cammino verso il grigio destino che ha riservato per loro la zia Rivetta, lavandaia a Notopia, capitale di Nolandia.
I tre si stanno dirigendo verso la città, ma bambini e asini vanno lentamente così, costretti a fermarsi nel fienile di una locanda, vengono intercettati dalla fata che consegna solennemente a Margherita, e solo a lei, il mantello magico.
Quale può essere il principale desiderio di una bambina triste? Essere di nuovo felice, ed è proprio quello che quasi inconsapevolmente, con il mantello sulle spalle, Margherita si augura.
Il gioco è fatto! Il sole torna a splendere per Margherita che smette all'istante di essere malinconica. A volte la felicità può essere contagiosa e anche Lallo pensa tra sé che forse non sarà poi così male la sua nuova vita a Notopia... E ancora non sa cosa lo aspetta quando, per quarantasettesimo, quella mattina varcherà la porta orientale della città.


Io lo so cosa sta per succedere a Lallo (e siamo solo a pag. 32), ma non lo dico. Nel successivo centinaio abbondante di pagine accadono un mucchio di cose, come è la norma nei racconti di Lyman Frank Baum. Gli ingredienti sono quelli della fiaba, intesa come fiaba moderna, lontana dalle crudezze della tradizione classica. Primo fra tutti, la magia, una magia di partenza che funzioni da 'miccia' per la narrazione successiva. E poi ancora l'avventura, intesa come percorso di crescita, ovvero una serie di vicende e peripezie che il/i protagonisti hanno di fronte a sé, in sintesi le molte prove che devono superare. Ancora dalla fiaba derivano le tipologie dei personaggi: eroi, nemici, donatori, aiutanti, mandanti...
In una galleria di personaggi strepitosi, primi fra tutti i Consiglieri del re di Nolandia, narrati nei loro dialoghi come se anticipassero le comiche degli anni Trenta, il ritmo è saltellante, allegro, divertente. Divertente e ironica - e in questo la traduzione italiana di Marianna Cozzi è perfettamente all'altezza soprattutto nei nomi dei personaggi, da Manforte, Manbassa, Manovaldo, Manolesta e Giucco fino ai Rudi-Rolli - è l'onomastica e la toponomastica del racconto. A Italo Calvino sarebbero entrambe piaciute tanto, e, chissà, che forse non ne siano anche inconsapevole eco o dichiarato omaggio.

Considerato dallo stesso Baum e dai critici dell'epoca la sua migliore prova d'autore, La storia del mantello magico(in originale Queen Zixi of Ix, Or the Story of the Magic Cloak), è una gioia da leggere, per la sua leggerezza e scorrevolezza nel narrare una fiaba sulla potenza del sogno e il senso del desiderio, raccontato con uno sguardo curioso, stupito e 'sconfinato', come è quello dei ragazzini. Il desiderio che, se portato all'esasperazione, è laccio che ci lega.
"Desideriamo quello che non possiamo avere, e lo vogliamo non tanto per trarne beneficio, ma perché rappresenta qualcosa di irraggiungibile..."
Parola di Regina Zixi.
Ma è anche una gioia averlo tra le mani, nella preziosa prima edizione italiana curata da Donzelli per la sua collana Fiabe e storie. Dalla carta spessa e porosa al tatto, alle tavole di Aurélia Fronty, ad evidenza, l'illustratrice delle 'fate' per questa casa editrice (spero vi sia passato tra le mani Filo di fata, 2009).
Desideratelo, come me.


Carla

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

VIAGGIO FANTASTICO

Questo sì che è un viaggio nel regno della fantasia , altro che gli inutili mattoni stiltoniani che continuano a inondare le librerie! Il libro di Norton Juster, Il casello magico, illustrato da Jules Feiffer, fa parte di una collana che Giunti ha proposto quest'anno, con ottimi propositi: ripescare testi stranieri , magari anche già tradotti in Italia, che hanno avuto un notevole successo all'estero, per riproporli al pubblico dei nostri ragazzi; parliamo di romanzi con un lettore/lettrice potenziale dagli undici anni in poi, quindi già discretamente abituato all'approccio con il romanzo vero e proprio. La collana, Bestseller dal mondo, si presenta in formato tascabile, con un prezzo coerente con le caratteristiche dell'edizione.
Sono usciti per ora tre titoli e, fra questi, ho scelto appunto il romanzo di Norton, scritto nel 1961 e tradotto in Italia pochi anni dopo, con l'introduzione di Faeti, nella collana dei Delfini , quando era ancora della Bompiani.


La trama, ridotta all'osso, vede il protagonista, Milo, profondamente annoiato e rassegnato ad una vita noiosa; gli compare davanti, nella sua cameretta, un casello stradale e lui, senza pensarci su due volte, lo attraversa con la sua macchinina; comincia così un lungo e tortuoso viaggio nel mondo di Ognidove, in compagnia di due strani personaggi, un cronomastino detto Toc e uno strano insetto gigante chiamato Truffaldottero. La missione che i tre dovranno compiere è presto detta: liberare le principesse Rima e Ragione e riportare la pace nel regno di Sapienza. Per raggiungere questo scopo il viaggio è lungo e fitto di pericoli, soprattutto quando è necessario affrontare i Demoni dell'Ignoranza, fra i quali mi piace citare il futile funesto, o il bieco burocrate, che frappongono ogni ostacolo affinché i tre non raggiungano il loro scopo.
Il numero dei personaggi è impressionante così come lo sono le invenzioni linguistiche, i giochi di parole, le battute fulminanti che nascondono pensieri e divertite riflessioni sulla nostra condizione umana. La chiave utilizzata maggiormente dall'autore è il surreale, in un continuo susseguirsi di situazioni assurde eppure credibili, richiamando le atmosfere di Alice nel paesedelle meraviglie. Certo, il messaggio è molto chiaro ed è rivolto a tutte le ragazze e i ragazzi che affronteranno questa non semplice lettura: il meraviglioso è nella nostra testa, nella capacità di ciascuno di trasformare il mondo con la propria immaginazione, trasfigurandolo con una potente vena ironica. Basta cambiare prospettiva, fare un passo indietro, dare uno sguardo dall'alto e il nostro mondo appare popolato da creature bizzarre, perse in attività assurde. E come negarlo...


Da quanto detto prima, appare evidente che si tratta di un testo di non facilissima lettura, in cui spesso pare di perdere il filo narrativo, che invece è ben chiaro; tante le digressioni, tanti gli episodi che vivono di vita propria, i personaggi straordinari e le riflessioni sul mondo che portano con sé e che costringono a tornare indietro, rileggere, riflettere, ma sempre con il sorriso sulle labbra.
Va segnalata l'ottima traduzione di Duccio Viani, che riesce a rendere con efficacia il virtuosismo linguistico dell'autore.

Eleonora

“Il casello magico”, N. Juster e J. Feiffer, Giunti 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

RALLENTARE, OSSERVARE, GIOIRE

Aspetta, Antoinette Portis
Il Castoro 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Presto! Aspetta. Presto! Aspetta. Presto! Aspetta."

Minaccia pioggia. Una mamma con il suo bambino camminano per strada con passo svelto. La mamma corricchia, addirittura. E guarda in avanti. E se si gira con lo sguardo lo fa per sollecitare il bambino a seguirla e a non rallentare la corsa. 

 
Il suo corpo in accelerazione appare teso e inclinato leggermente in avanti. E' evidente, ha molta fretta. Anche il bambino ha un passo veloce, suo malgrado. E' infatti lui che ad ogni incitazione della madre a fare presto risponde, tranquillo con il suo aspetta. Lungo il loro tragitto sono molteplici le cose che attirano la sua attenzione: un cagnetto, la betoniera in funzione, le papere al laghetto, un ghiacciolo, una vetrina, una farfalla...


Come un ritornello è un continuo alternarsi di incitazioni a correre e di richieste di rallentare. E quando cominciano a cadere i primi goccioloni di pioggia finalmente la madre raggiunge il treno metropolitano verso il quale, ad evidenza, correva... Ma nulla può la sua premura e il suo intento di salire su quel vagone di fronte l'ultima richiesta di aspettare che il bambino le fa, vedendo qualcosa di davvero inatteso.
Il treno ormai è andato, ma per quel doppio arcobaleno che illumina il cielo valeva la pena davvero fermarsi e aspettare.

Costruito su un episodio quotidiano che chi vive in grandi città avrà visto mille volte, Antoinette Portis racconta di aver avuto l'idea guardando dal tavolino di un caffè la scena di un bambino che si attardava e una madre che lo teneva per mano spronandolo a fare presto.
Poco più che un nulla di fronte a cui passiamo di solito nell'indifferenza e nell'abitudine ha 'acceso' un'idea che, crescendo e prendendo lentamente forma di disegno (i primi dummies risalgono già al 2010), è diventata libro.
Un bellissimo libro.


Curato a lungo in ogni sua parte, Aspetta, è ora meccanismo perfetto.
Fin dal formato che suggerisce un movimento lineare da sinistra a destra, sottolineato dalla postura di questa mamma di corsa, la storia va veloce. Va veloce a tavole alterne, ovvero all'incedere della donna si contrappone la resistenza passiva che fa il bambino nei gesti che accompagnano la sua richiesta di rallentare, e addirittura di fermarsi.
Un testo asciugato all'essenza, che ticchetta come un orologio, fatto solo di tre parole, di cui due ripetute una decina di volte. Ma sebbene ripetute all'infinito esse sono in grado di raccontare ben altro anche solo attraverso le stesse lettere che le compongono. IlPresto! della mamma è scritto in corsivo, sempre più grande, con l'inclinazione consueta che riecheggia quella dei corpi e termina sempre con un punto esclamativo a cui fa da contraltare il punto 'fermo' della parola detta dal bambino 'Aspetta.' che invece è in tondo, tondo come il suo bisogno di fermarsi.


Guardiamo i disegni: tavole realizzate a matita, carboncino e inchiostro con una paletta di colori spenti che esaltano la meraviglia finale. Le tavole contrassegnate dal 'Presto' sono sempre più panoramiche, mentre quelle in cui il bambino si oppone con il suo 'aspetta' sono vere e proprie zoomate per attirare l'attenzione su ciò che ha catturato lo sguardo del bambino e per suggerire un ritmo movimentato per l'occhio del lettore.
E per rimanere in tema di sguardi, Antoinette Portis si dimostra fine illustratrice e davvero molto attenta. Gli occhi della mamma sono sempre rivolti verso destra, tranne che in due tavole dove si incrociano supplici con quelli del bambino che è riuscito a fermarsi. Lo sguardo del piccolo è invece rivolto sempre all'indietro, dove le cose accadono, dove le farfalle sembrano fiori. Salvo poi incrociarsi nella penultima tavola e convergere, finalmente, su un punto comune: l'arcobaleno.
Minuscoli dettagli compaiono qui e lì a incuriosire il lettore. A partire dalla coccinella del frontespizio, passando per il cartello' senso unico' che allude alla direzione del flusso di auto ma anche di quella dei due protagonisti, fino al gelato che preannuncia in scala ridotta il grande arcobaleno che si intravede in un angolino solo alla penultima pagina, prima di dominare in tutta la sua sgargiante coloritura nell'ultima tavola.


Lo dice con grande chiarezza in una bella e esaustiva intervista fatta con Julie Danielson, Jules per tutti, che i suoi libri nascono dalle idee piuttosto che dai disegni. I disegni sono 'solo' il suo modo di raccontare. Allieva e amica di Maurice Sendak, Antoinette Portis, autrice del famoso e pluripremiato Non è una scatola(Kalandraka 2011), attraverso la narrazione di un episodio cui ha assistito per caso, mette a fuoco un tema centrale per adulti e bambini: la loro diversa percezione del mondo. Laddove c'è un grande che deve andare, andare, andare, c'è un piccolo che deve rallentare, osservare, gioire.

Carla



Article 0

$
0
0

GIAVENO, LUOGO DELLA MEMORIA

Siamo alle solite. Di nuovo le sette di sera, di nuovo il campanellino che mi avvisa di una nuova ricetta da Piccole Ricette in arrivo, di nuovo io che me ne innamoro all'istante. Ma questa volta la ragione per cui la ricetta è entrata nel mio cuore non è dovuta alla ricetta in sé, ma al nome che porta: focaccia di Giaveno.
Giaveno... oh, Giaveno, ma dai. Io non sono mai stata a Giaveno eppure per me è un luogo mitico che ha segnato tutta la mia infanzia. Nei racconti che mia madre mi faceva della sua vita durante la guerra, Giaveno c'era sempre. Sarda, trapiantata a Torino da ragazza, mia madre durante la guerra sfollò a Giaveno, dove molte cose le capitarono: fu inseguita da una mucca (da lì il mio insano terrore per quegli animali mansueti), organizzò una scuoletta per dei bambini ebrei scappati e nascosti anche loro a Giaveno. Furono giorni di guerra e di vita contadina vissuti da una ragazza di buona famiglia vissuta sempre in città. Credo che anche per lei Giaveno nella memoria di narratrice assumesse toni da leggenda. Insomma Giaveno per me divenne parola consueta, familiare e favolosa.


Ecco la ricetta, ecco la focaccia. Purtroppo vi è negato il profumo che ha gli stessi influssi meravigliosi di quei racconti.

Ingredienti
400 g di farina Manitoba
250 g di latte
10 g di miele
40 g di zucchero
i semi di mezza bacca di vaniglia
60 g di burro ammorbidito o margarina
3 tuorli d’uovo
7 g di lievito di birra secco
5 g di sale
la scorza grattugiata di due arance
(la ricetta originale prevede invece la scorza grattugiata di mezza arancia mezzo limone non trattati)

Mettete in una ciotola 300 gr di farina e versatevi sopra il latte intiepidito con dentro il lievito e il miele, ben sciolti entrambi. Mischiate e lavorate un po' per ottenere un impasto abbastanza sodo ma parecchio appiccicoso. Montate un po' i tuorli con lo zucchero in una ciotola, quindi aggiungeteli al composto con il resto della farina, i semi di vaniglia, la scorza delle arance. Lavorate questo impasto, su una tavola, aggiungendo una spruzzata di farina perché non si attacchi, quindi prendete la metà del burro, riducetelo a fiocchetti (o a pizzichi, come dico io) e aggiungetelo alla pasta che dovrete lavorare ancora fino a che il burro non si sia ben amalgamato. Proseguite nella lavorazione con l'altra metà del burro, seguendo lo stesso procedimento. Adesso l'impasto dovrebbe aver raggiunto la giusta consistenza, ovvero morbido ed elastico. Fate la prova, pizzicandolo, tenendolo fra due dita e poi allargando le due dita: se l'impasto si allunga e non si spezza subito, vuol dire che la consistenza ideale è raggiunta, altrimenti aggiungete altro burro o latte (a me è andata bene al primo colpo).
Quindi mettete la pallina in una ciotola ben unta di burro o olio e lasciate lievitare per due o tre ore, coprendola con la pellicola e mettendola in forno spento ma con la luce accesa. Deve triplicare il volume.
Passato questo tempo, togliete l'impasto che sarà soffice e gonfissimo e senza romperlo, stendetelo sulla leccarda del forno coperta di carta forno, così da ottenere una focaccia tonda alta grossomodo due centimetri. Rimettetela nel forno illuminato a riposare per un'altra mezz'ora abbondante. Quindi toglietela, accendete il forno a 220°. Con un dito bucherellatela e spolveratela in superficie di zucchero semolato. Quando il forno sarà caldo, infornatela e lasciatela cuocere per una dozzina di minuti finché non si dora e lo zucchero nei buchini comincia a sciogliersi.
Ideale per la colazione propria e degli amici più cari.

Carla


FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

ANCORA CASE E FANTASMI


Può capitare che un lutto, una separazione, comportino anche cambiamenti di vita radicali.
E' quello che succede a Billie, la protagonista del romanzo di Kristina Ohlsson, svedese, Bambini di cristallo. La ragazzina si trasferisce con la madre nel paese in cui lei è cresciuta.
La situazione non è delle più facili e peggiora ulteriormente quando, nella nuova casa, ancora ingombra di vecchi mobili, cominciano a succedere cose strane: rumori notturni, messaggi intimidatori, un lampadario che dondola anche senza correnti d'aria.
Billie è impressionata da questi fenomeni e ancor di più dalla reticenza con cui reagiscono gli abitanti del luogo quando si parla di quella casa.
La mamma, come è normale, non asseconda i timori della figlia, attribuendoli al rifiuto da lei opposto alla nuova situazione.
Per fortuna Billie può contare sull'amicizia di Simona, una sua compagna di scuola, e di Aladdin un ragazzino turco, che abita nel paese in cui si è trasferita. E' proprio con loro che riesce a dar seguito alle sue perplessità, indagando seriamente sulla storia della casa e sugli strani fenomeni che vi accadono. Scopre così che negli anni Venti l'edificio aveva ospitato un orfanotrofio, in cui vivevano diversi bambini affetti da una grave forma di osteoporosi, chiamati, per questo, bambini di cristallo. In quegli anni si verificarono alcune disgrazie che portarono alla morte di alcuni bambini e della giovane bambinaia che li accudiva. In seguito a questi eventi l'orfanotrofio fu stato chiuso. Ma sarà proprio questa la chiave per spiegare le manifestazioni inquietanti che infestano la casa?
Non posso svelare il colpo di scena finale, ma posso dirvi che l'autrice propone un finale aperto, in cui razionale ed irrazionale si contendono la scena.
Si tratta dunque di una classica storia di presunti fantasmi, veri o presunti, con lievi venature horror, molto meno marcate di quanto non fossero nel romanzo La casa dei canifantasma.
L'originalità del romanzo svedese sta nel mantenere un pizzico d'incertezza, affiancando le spiegazioni razionali a quell'ombra d'inquietudine che gli eventi misteriosi, o i luoghi funestati da storie tragiche, sono soliti insinuare.
Il lettore o la lettrice potranno dar credito ad una visione o all'altra, ma termineranno la lettura convinti che la protagonista, con i suoi amici, è riuscita ad affrontare e gestire il mistero, a prescindere dallo scetticismo razionale degli adulti. La paura del lato oscuro del mondo può essere affrontata quando qualcuno, a partire dagli amici più fidati, ci guarda le spalle.
In questo caso siamo di fronte ad un testo, ben congegnato, scorrevole e adrenalinico quanto basta, rivolto essenzialmente a ragazze e ragazzi appassionati del mistero, a partire dagli undici anni.

Eleonora

Bambini di cristallo”, K. Ohlsson, Salani 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

SOTTO IL VULCANO
 
Storia piccola, Cristina Bellemo, Alicia Baladan
Topipittori 2015


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"'UAAAAAA!' urlò la sua meraviglia al mondo.
Reginamamma e Repapà scoppiavano di gioia
e ordinarono che si suonassero trombe e tamburi e pifferi
e campane e pentole coi cucchiai
e pavimenti con le suole delle scarpe.
E le cucine reali sfornarono mille e due volte mille
torte al cioccolato, e frittate coi funghi
e il formaggio, per fare festa."

Bisogna festeggiare la nascita di principe Beniamino.
Nato in un castello, sopra una collina ai piedi di un vulcano, Beniamino arrivò in un giorno di primavera. 


Passò il tempo e Beniamino disse la sua prima parola MAMMAEPAPÀ, poi disse IO, quindi disse SETE e furono costruite in ogni dove e per ognuno fontane, in modo che ciascuno potesse dissetarsi nel nome di Beniamino. Una notte, poi, urlò PAURA e suo padre sull'orlo di una guerra, non partì e dormì con lui abbracciato. Poi Beniamino disse PIETRO e si spalancarono le porte e le finestre del castello per fare entrare mille persone e mille cose, e anche Pietro. La parola che arrivò per quinta fu LONTANO quando Beniamino scoprì le cose immaginate, i sogni, i desideri. Quella bella sera, dalla gioia, mamma e papà convinsero i grilli a tenere un concerto fuori programma. E così fu.
L'ultima parola che sentirono di Beniamino fu ARRIVEDERCI. Per l'emozione si agghindarono a dovere, cacciarono per quel giorno gli attaccabrighe e ordinarono che si suonassero trombe e tamburi e pifferi e che i cuochi preparassero torte al cioccolato, frittata coi funghi e il formaggio. Per fare festa.
Poi, da bravi genitori quali loro si erano dimostrati, fecero la cosa giusta.


Da me si dice, squadra che vince non si cambia. Gli immaginari sconfinati di Bellemo e Baladan li ho già visti in ottima sintonia in un altro libro illustrato che ho tanto amato, La leggerezza perduta (Topipittori, 2013). Perché non intrecciarli nuovamente per raccontare la 'piccola storia' di Beniamino?
Con l'incedere di una poesia e l'atmosfera di una fiaba, questa Storia piccola contiene in sé un nocciolo di senso che radica in un tema universale, la relazione tra genitori e figli. 

In un modo così tanto originale, per parole chiave e disegni metafisici che 'misurano' l'infinito, racconta delle scoperte quotidiane di una creatura in crescita e della gioia totalizzante di un padre e di una madre nel constatarle. Racconta dell'improrogabilità del bisogno che un piccolo avverte e della cura che un grande deve metterci nel soddisfarlo. Racconta dei desideri e dei sogni che nascono in un cuore nuovo e dell'accoglienza positiva dei grandi nel favorirli. Racconta delle curiosità e delle rinnovate sfide che un giovane ha davanti a sé e della soddisfazione di un genitore nel vederlo cimentarsi. 



Racconta di quel baldanzoso andare alla scoperta e di quel saggio fermarsi sulla soglia e stare a guardare....
Insomma un tema enorme che si riduce, è vero, a storia piccola nel suo essere quotidiano: ciò accade, o forse dovrei dire dovrebbe accadere, in ogni angolo del mondo, da sempre.
La mia 'piccola storia', cominciata nell'estremo autunno di 23 anni fa, è andata più o meno così: con i miei limiti ho accudito, ho accontentato, ho accolto, ho gioito, mi sono inorgoglita e ora sono ferma sulla soglia e sto a guardare...non avrei saputo fare diversamente.
Se ho saputo capirlo, questo grande nocciolo di senso di cui il libro è portatore bolle, come il vulcano sullo sfondo. Un adulto mediamente normodotato lo 'capisce', ma che effetto fa su un bambino questo magma incandescente che cova la montagna, il senso ultimo di questa storia di tutti i giorni? 
È questa la grande domanda a cui tento di dare la mia personale 'risposta piccola' di lettrice ostinata.

 

Caro bambino,
io questa storia te la leggo perché suona bene,
sembra una poesia,
ed è saggia come una fiaba,
te la leggo perché ha disegni immaginifici,
che raccontano il minuscolo e l'infinito,
perché dice cose vere, anche se difficili per un piccolino.
Te la leggo per ragionarci assieme,
per poterti spiegare chi son io.
Per poter immaginare chi potresti essere tu.
Te la leggo per offrirti un seme che forse un giorno attecchirà.
Te la leggo perché io sono un grande e tu sei un bambino.
Ecco perché.

Carla

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

GUIDA ILLUSTRATA PER CANI


Come può un cane essere felice? In primo luogo deve cercarsi un padrone e poiché sembrano tutti uguali, bisogna cercare con attenzione quello giusto. La seconda cosa, in ordine temporale e di importanza, è cercarsi la cuccia giusta, la più comoda possibile, per quanto possa risultare improbabile.
Poi bisognerà imparare le buone maniere dimostrandosi affettuosi con il proprio amico umano e con gli ospiti; seguono ancora molti buoni consigli per una felice convivenza, nonché trucchi e sotterfugi per ottenere con facilità ciò che si vuole.
Il tutto, si sarà capito, dal punto di vista canino, con il naturale sovvertimento che ne deriva, facendo ben intendere che noi umani, avvolti nella nostra presunzione, siamo spesso abbindolati dai nostri compagni a quattro zampe.


Non è certo il primo libro che racconta il vasto mondo delle relazioni fra cani e bambini dal punto di vista del canide, e per chi ha qualche dimestichezza con questo argomento è di solito un approccio esilarante, che fa leva su quello che noi, bambini compresi, già sappiamo: quanto siamo 'fessi' di fronte ai nostri cani e quanto ci piace esserlo.
Il breve manuale illustrato della Williamson, Vita da cane o, ancor meglio nell'originale inglese, How to be a dog, funziona per la sua semplicità e per l'assenza di eccessive pretese. Non retro pensieri o messaggi nascosti, solo la divertita e affettuosa descrizione di una relazione che ci accompagna dalla notte dei tempi, descritta ad altezza bambino, sottolineando quella straordinaria complicità che corre fra animale e cucciolo d'uomo, che condividono la stessa antipatia per le regole, in qualunque forma si presentino. Certo, qualche compromesso va fatto, ma sempre in attesa di quel momento magico in cui si può sguazzare nel fango, mangiare di nascosto gli avanzi della torta, giocare sotto il tavolo.


Si tratta, quindi, di una divertente lettura per giovanissimi/e cinofili, a partire dai cinque anni, allietata dalle ironiche illustrazioni che esplicitano il gusto del ribaltamento.


La Williamson è una giovane illustratrice passata recentemente dal design di moda all'illustrazione per bambini. Qui il suo sito.


Eleonora

Vita da cane”, J. Williamson, Nord-Sud 2015


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

ESSERE O NON ESSERE....COCCODRILLO

Guji-Guji, Chih-Yuan Chen (testo italiano a cura di Alfredo Stoppa)
Bohem Press 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Mamma Anatra insegnava ai suoi quattro anatroccoli come si nuota, come ci si tuffa... e come si incede con elegante dondolio.
Guji Guji imparava più in fretta dei fratelli. Era di gran lunga il più grosso e il più forte!"


L'uovo di Guji Guji rotolò dal pendio in un nido di anatra. Mamma Anatra non se ne accorse perché era intenta a leggere, così ai suoi tre ovetti si aggiunse questo uovo gigante e marroncino. Quando le uova si schiusero Mamma anatra diede un nome ai suoi piccoli e quando vide quell'anatroccolo così stravagante lo chiamò Guji Guji che era esattamente il verso che faceva quel piccolino.
Per Mamma e piccolini, il 'pulcino' diverso è uno della famiglia a tutti gli affetti, nonostante il suo aspetto indiscutibilmente da coccodrillo. E proprio una banda di coccodrilli - coccodrilli bulli - lo avvicina per informarlo del fatto che lui non è affatto un anatroccolo, anche se cammina come un'anatra, ma un coccodrillo, un coccodrillo feroce. E come tale si deve comportare. 

Non importa se Guji Guji pensa di essere tutt'altro, loro vogliono che lui tenda una trappola alla sua famiglia adottiva in modo che essa si trasformi nel loro succulento pasto.
Mentre c'è chi si affila i denti, altri escogitano un piano infallibile, perché di essere coccodrillo feroce proprio non se ne parla...


Non esattamente una novità, quella di raccontare la storia di un uovo che arriva da 'altrove' e che, crescendo, si conferma formalmente diverso dal resto della nidiata. Il capostipite è il bel cigno di Andersen, ancora più sfortunato di Guji Guji che, almeno, ha fratelli e mamma adottiva molto affettuosi. Viene in mente il bellissimo L'elefante non dimentica! (Corraini, 2007) di Anushka Ravishankar (Corraini, 2007), o Lo strano uovo (scritto e illustrato da Emily Gravett, Valentina 2011 ) ancora il recentissimo La gallina che aveva il mal di denti (Clichy, 2014) di Bénédicte Guettier, dove la situazione di partenza e quella conclusiva si discostano di pochissimo dal nuovo libro di Chih-Yuan Chen.
I due noccioli di senso, quello che ci fa dire che ognuno ha diritto di essere ciò che si sente e che l'amore va al di là di ogni differenza, possono e debbono diventare argomento di riflessione anche tra i più piccoli. Spesso leggendo pubblicamente L'elefante non dimentica! ho posto la questione, esattamente analoga a quella dell'anadrillo Guji Guji, per avere una risposta dai bambini. E questa è arrivata puntualmente e altrettanto puntualmente vedeva diviso a metà l'uditorio. Chissà cosa risponderebbero sentendo la faccenda di Guji Guji e del bivio di fronte a cui si trova.

Di certo condividerebbero il suo piano che ricorda quello del coccodrillo adottato dalla gallina con il mal di denti che tanto ci ha fatto ridere l'anno scorso.
Ma se il testo, così scorrevole e musicale grazie al talento di Alfredo Stoppa, non mi pare oggi tanto originale, sebbene cronologicamente anteriore a tutti gli altri visto che è stato pubblicato per la prima volta nel 2003, ma al contrario trovo imperdibili le immagini. A partire dallo stesso Guji Guji che gira tutto il tempo con un anatrina di legno giocattolo, dai suoi fratelli anatroccoli con livree che ricordano pigiamini piuttosto che piume. Belli e inquietanti i musi e gli artigli dei crudeli coccodrilli con quel turchese inaspettato. E poi c'è così tanto nero, che si contrappone ed esalta le piccole pennellate di colori vivaci. Bello!


Nel 2005 il libro, pluripremiato anche in seguito, è stato uno dei 10 migliori libri secondo la prestigiosa classifica del New York Times.
Bene ha fatto Bohem Press a pubblicarlo anche per i bambini in Italia.

Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

FUOCHI D'ARTIFICIO NELLA TESTA

Storie di quadri (a testa in giù), Bernard Friot
Il Castoro 2015

NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)

"Sala 3, Loubna si ferma sempre davanti al Cavaliere sorridente. Non a lungo, solo qualche decina di secondi perché ha il tempo contato. La sua tabella di marcia prescrive nove minuti esatti per pulire il pavimento, le maniglie delle porte e i telai delle finestre. il resto non deve toccarlo. Si ferma davanti al cavaliere e lo saluta con un cenno del capo. E lui, a modo suo, risponde. In questo modo inizia una conversazione muta..."

Tra il Cavaliere di Frans Hals e la ragazza che fa le pulizie in una sala della Wallace Collection di Londra parte un dialogo silenzioso, ma affettuoso come potrebbe essere quello tra un signore maturo, un vecchio zio, e una ragazzina, una nipotina. Lei ha un pensiero in testa: è al suo primo appuntamento con un ragazzo ed è incerta. Non sa se crederci a questo amore che sta nascendo e, come avrebbe fatto con una persona più matura e con più esperienza della vita di quanta ne abbia lei, le viene spontaneo rivolgersi al Cavaliere per un consiglio...
La risposta dell'uomo è in quel sorriso che, a lei pare, oggi sembra più ammiccante di sempre.
Questa è una delle trentasei prodigiose storie che Bernard Friot immagina legate ad altrettante opere d'arte. Da un frammento di pittura murale della Villa di Giulia Felice, ora al Louvre, alle scarpe di Antoni Tàpies, passando dallo studio di Leonardo per una mano sinistra, per arrivare a Chagall, Ensor e Mirò, Ghirlandaio, Schiele, Arcimboldo e, naturalmente, Picasso.


Una galleria di immagini importanti, ma mai fruste (siamo lontani dagli angioletti di Raffaello o dai Nottambuli di Hopper), che si susseguono sempre diverse per epoca, tecnica realizzativa, soggetto raffigurato.
Dall'affresco murale di I secolo si salta alla pittura densa del Barocco olandese, ai segni rapidi dell'informale di Tapies succede un ritratto di Domenico Ghirlandaio. Gioia per gli occhi e fuochi d'artificio nella testa. Tenendo in mano la mappa che ci viene fornita al principio di questa nostra visita, ci aggiriamo in un museo virtuale allestito per dissonanze, per salti logici, per stupori continui.


Come un collezionista decisamente imprevedibile, colto e curioso, Bernard Friot ci invita nella sua personale pinacoteca, frutto di una selezione dettata dal cuore. E mentre non finiamo di stupirci a ogni giro di pagina, non potendo immaginare chi stia per arrivare, sentiamo una narrazione che dà voce a una altrettanto varia e imprevedibile galleria di dialoghi, monologhi, poesie, riflessioni, lettere...
Ma qui entriamo in contatto con l'immaginazione di Friot e quindi lo stupore e la meraviglia del lettore si moltiplicano all'ennesima potenza.
Una magistrale prova d'autore che lo vede scegliere, con la fine sensibilità che gli è propria, tra registri sempre diversi. E con assoluta nonchalance. Ecco a voi uno scrittore di classe che usa stili e registri di volta in volta differenti, come farebbe un artista, utilizzando acquerelli, piuttosto che olio, sanguigna piuttosto che tempera...


E così Friot scrive una lettera come se fosse una fanciulla innamorata nella Francia dei Lumi che frettolosa scrive al fratello lontano, oppure un dialogo serrato tra un padre poco paziente e una bimbetta di tre o quattro anni, sul senso della morte, di fronte a tre capolavori di Picasso.
E lo fa, ripeto, con totale padronanza. Le riflessioni della modella annoiata che diventano addirittura un calligramma mettono a fuoco un ulteriore merito di questo libro: la cura grafica, che non ha sbavature o ridondanze. Efficace e intelligente.
Ma la cosa che io reputo migliore è ritrovare ancora una volta il Friot 'alto' che mi commuove, nel suo raccontare storie in cui mi riconosco, in cui l'umanità si riconosce: il microscopico che si alterna al gigantesco.
Una donna al mercato indecisa nella scelta di un cestino di fragole da offrire al nipote, o la preghiera ipocrita di due ipocriti, o la lenta presa di coscienza di una donna che si crede brutta, in un mondo di brutti...o ancora il dialogo struggente tra una madre e una figlia di fronte alla fatalità di un destino di morte.
E alla commozione si alterna lo stupore che generano le storie costruite sull'assurdo, altro genere in cui Friot eccelle: una per tutte, Sorpresa, dove il signore e la signora Rasmussen dialogano con l'ometto calvo sbucato dal terreno del loro giardino. 


Alla fine l'ometto se ne andò. Uscì dal cancello
del giardino e sparì all'angolo della strada.
"È un sognatore",
disse la signora Rasmussen.
"Un alcolizzato"
replicò il signor Rasmussen.
Si guardarono sorridendo. Poi la signora Rasmussen
aprì le braccia, le agitò vigorosamente e volò via. Andò ad
appollaiarsi sul tetto della casa di fronte...

Nel mio cuore, la signora Rasmussen soggiorna accanto alla signora Meier di Erlbruch. Ed è un posto d'onore, sappiatelo.
Geniale.


Carla
Noterella al margine. Questo libro è un pozzo di bellissime idee (io ho cercato di elencarne solo alcune) e andrebbe utilizzato con libro di testo nelle scuole, non ultimo per la sua insolita vicenda traduttiva.
Scopritela da voi. Io ho scritto già parecchio...

FAMMI UNA DOMANDA!

$
0
0

LA TERRA AL LAVORO


E' una grande ambizione, quella di spiegare tutto quello che succede sul nostro pianeta accennando alla biosfera, alle condizioni climatiche, ai sommovimenti della crosta terrestre. Ci prova Editoriale Scienza con un libro del ceco Tomàs Tuma, autore di testi e illustrazioni.
L'impostazione grafica prevede grandi tavole sinottiche, in cui gli argomenti si accennano in testi brevissimi, poco più di titoli con brevi spiegazioni a seguire. Ogni argomento, piante, clima, crosta terrestre, animali, viene affrontato anche in pagine doppie, di grande formato, in cui compare la mappa dei continenti e la relativa localizzazione delle tematiche affrontate nei diversi punti. Qui sono presenti anche degli approfondimenti, a carattere episodico, diremmo a spot.


Gli spunti sono moltissimi, dato che ciascun argomento è sostanzialmente solo introdotto e non sviluppato e il grande pregio sta nel mettere sott'occhio un grande mix di problematiche, lasciando all'iniziativa del lettore la possibilità di approfondire uno o l'altro di questi argomenti.
Ho l'impressione che questo approccio sia in sintonia con le modalità di comunicazione ora maggiormente adottate dai giovanissimi, ostili ai testi lunghi e alle descrizioni analitiche e amanti della comunicazione sintetica, in primo luogo visuale. Prevale il colpo d'occhio, l'intuizione eidetica rispetto alla spiegazione più o meno approfondita. Non a caso le illustrazioni in questo libro, dal titolo promettente Come funziona il mondo, sono indispensabili alla effettiva comprensione del testo. Questo approccio informale consente di introdurre termini e argomenti difficili, di affrontare problematiche complesse con grande sintesi.
Si parla di riscaldamento globale, e quindi di produzione di diossido di carbonio, ovver CO2, di monsoni e di boe ondametriche, di doline e di gommalacca.


Insomma, estrema serietà e curiosità mescolate insieme con un filo conduttore, quello delle tematiche ambientali, che giustamente hanno maggiore rilevanza nella trattazione.
Se l'importanza dell'aspetto visivo potrebbe far pensare a lettori e lettrici più piccoli, in realtà gli argomenti e il loro possibile approfondimento richiedono un'età che parta dagli otto anni. L'uso migliore dovrebbe prevedere la presenza attiva e paziente di adulti disposti a consultare altri testi, non necessariamente Wikipedia, per rispondere alle necessarie richieste di approfondimento. 
Anche questo è un modo di condividere la lettura, di mostrare concretamente tutti i segreti sul mondo che un libro può contenere.

Eleonora

“Come funziona il mondo”, T. Tuma, Editoriale Scienza 2015



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

COME SEI BRAVA, ALICE. 
 Il cane e la luna, Alice Barberini
Orecchio acerbo 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Come sei bella, luna."

Sotto il tendone di un piccolo circo di tanti anni fa c'è un cagnetto vestito da Pierrot che si esibisce ogni sera. Sa camminare su due zampe, addirittura in equilibrio su una palla. E attraversa la pista tra le risate degli spettatori e dei pagliacci che lo circondano. 


Il cane acrobata, mentre tiene una pallina in equilibrio sul naso, con gli occhi guarda la grande luna di cartapesta che pende dal soffitto del tendone. Come sei bella, luna. I piccoli circhi si spostano spesso, così l'indomani anche questo deve smontare e nel trambusto la luna di cartapesta cade e si rompe su un lato. 


Il direttore la considera ormai inservibile, da buttare. Il cagnetto non ci pensa due volte e la carica sul suo carretto e a fatica se la trascina nella sua fuga dal circo per le vie di Parigi. Stanco, affamato, infreddolito e triste il cane resta accanto alla sua luna e si accoccola sul marciapiede.


Fa una gran pena, così solo. Ed è proprio così che lo vede un bambino. I loro sguardi si incrociano ed è subito amore. La luna, invece, resta lì appoggiata mentre il bambino porta via con sé cane e carretto.
Ma anche per quella strana faccia di cartapesta il destino ha riservato un incontro indimenticabile, proprio come accade... in certi film.

Questa storia è sottile come un filo e lieve come un palloncino. E' una storia con pochissime parole, e pochissimi colori. Bianco, nero, tanto grigio e rosso.


Raccontato con lo stesso ritmo di un film muto, ovvero con un sacco di 'salti' tra una scena e l'altra, con il medesimo stile nelle inquadrature, Il Cane e la lunaè un libro magnetico: il bianco e nero cattura lo sguardo verso il dettaglio e verso la visione d'insieme in una buffa alternanza. Certe pagine sono completamente dedicate a piccole porzioni dello scenario, l'insegna, piuttosto che una porta o le pieghe del tendone, i primissimi piani del cane. E queste si alternano a immagine collettive, come il pubblico dello spettacolo, o le visuali a volo d'uccello sui tetti di Parigi. La tecnica della grafite, lenta e rasente la perfezione dell'iperrealismo nei dettagli, in Alice Barberini assume però un tono ulteriore che, accanto all'innegabile maestria tecnica, la scalda e la rende poetica.

 
Questo fa la differenza nei suoi disegni.
In questo libro tutto è pervaso da un forte senso poetico. A partire dalla storia di un amore impossibile perché non corrisposto fino ad arrivare alla struggente separazione dei destini dei due protagonisti.
Tutto diventa poesia: anche nel finale quando ogni cosa va a ricomporsi, e luna e cane si ricongiungono per il tempo breve di un film, dopo che entrambi hanno trovato il proprio posto nel mondo. 


Ecco, allora che si dimostra che ciò che tocca Alice Barberini si tramuta in poesia e va diritto al cuore. Inevitabilmente.


Gennaio 2012. Da soli 11 giorni facevo parte della squadra di OA, e mi tremavano i polsi ogni pomeriggio che arrivavo in casa editrice e accendevo il mio computer. Quel freddo e tardo pomeriggio di gennaio, non lo posso dimenticare. Arrivò una mail timida che si intitolava così: Occorre un orecchio acerbo!
Le prime parole che lessi erano queste: Gentile Editore,
mi chiamo Alice Barberini e sono un'illustratrice. Sto cercando un Orecchio Acerbo a cui proporre il mio progetto...e poi seguivano dei disegni: pura poesia che arrivava al cuore. Entrambi, mail e disegni, 'precipitarono' nelle mani giuste.
Il resto è storia. Storia di un fortunato incontro tra un editore e una giovane illustratrice.
Io non so distinguere se dipenda dal fatto che ero presente alla sua 'nascita' in senso professionale o dal fatto che lei abbia disegnato, del tutto inconsapevolmente, il mio canetto (ma, credo, anche quello di molti altri) dallo sguardo languido e dalle grandi orecchie, ma io ogni volta che prendo in mano Il cane e la luna mi intenerisco e penso, parafrasando il cane, come sei brava, alice.
Provare per credere.

Carla

Noterella al margine. Per Picturebook Makers un bel racconto di Alice riguardo al suo rapporto con un libro che nasce, con le sue instancabili matite, con il silenzio delle parole e con il cinema dei primordi...

Article 0

$
0
0
FAGOTTINI RIPIENI
 
Eccomi di nuovo qui a lodare le doti della pasta sfoglia e delle infinite preparazioni a cui si presta.
Lo spunto è ancora una volta venuto da ricette trovate in rete e in particolare sull'ormai molto citata appPiccole Ricette. Là la ricetta compare come 'Mini Galette des Roi', versione mono porzione derivata dalla torta frangipane. Sia l'aspetto che gli ingredienti mi hanno invogliato a provare a cucinarle, ma dato che non sono mai molto fedele alle ricette, strada facendo ho apportato alcune piccole modifiche funzionali che vi spiego nel testo della ricetta.
Se invece volete seguire la ricetta originale la trovate qui.


 
Ingredienti
1 foglio di pasta sfoglia rettangolare
1 uovo medio
40 gr burro
40 gr zucchero semolato
60 gr mandorle con la pellicina
40 gr farina di riso
un goccio di latte
sale

In una ciotola lavorare il burro a temperatura ambiente con lo zucchero fino ad ottenere una crema omogenea. Dato che la quantità è minima lo potete fare tranquillamente a mano con un cucchiaio di legno.
Aggiungete l'uovo (tenendone da parte una piccola parte per spennellare la pasta) e, a seguire, la farina di riso.
La ricetta prevedeva che le mandorle fossero anche loro sotto forma di farina, ma la farina di mandorle non è facile da trovare e normalmente viene venduta in confezioni da almeno 250 gr, e se non viene usata in breve tempo tende ad irrancidire.
L'ho perciò sostituita con mandole intere che ho tritato finemente, per quanto possibile, con il mixer. Sicuramente questa modifica ha reso più rustica la grana della crema, ma le bucce hanno anche aggiunto un retrogusto un po' amarognolo che ha reso più interessante il tutto.
Detto questo, unite per ultime le mandorle tritate e un pizzico di sale, mescolate molto bene, coprite con una pellicola e lasciate riposare in frigorifero per una mezz'ora.
La seconda variante riguarda la forma e la dimensione dei nostri fagottini, che nella ricetta erano 6 e tondi.
Non volendo però ritrovarmi con degli sfridi di pasta e volendo realizzare dei dolcetti più piccoli ho tagliato il foglio rettangolare di sfoglia in 12 rettangoli (tenendo il foglio orizzontale, con il primo taglio orizzontale a metà del lato corto, ho ricavato due pezzi lunghi che ho poi diviso in 6 parti ciascuno).
Con l'uovo che avete tenuto da parte, a cui avrete aggiunto un goccio di latte, spennellate i bordi di ogni rettangolino. Ponete poi un cucchiaio abbondante di crema in una metà, in modo da poter piegarvi sopra la parte restante a chiusura del fagottino. Premete bene con il dito i tre bordi da saldare e, con uno stuzzicadenti, decorate la parte superiore praticando dei piccoli solchi (attenzione a non forare la pasta), diritti o ondulati, semplici o incrociati, a vostro piacimento.

Spennellate con l'uovo e latte rimasto anche la superficie e infornate a 200° per circa 20 minuti, fino a che la superficie è dorata.

Lasciate raffreddare e gustate.


Gabriella

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

NEL REGNO DELLE FATE


Il favoloso libro di Perle, pubblicato da Mondadori, segna il ritorno di Timothée de Fombelle, autore dei romanzi dedicati a Tobia e a Vango. Cambia l'editore, la San Paolo perde una delle sue acquisizioni più importanti, non cambia lo stile inconfondibile dell'autore francese, che affianca il realismo della ricostruzione storica all'impalpabile dimensione di mondi fantastici.
Questa è una storia d'amore, bella e intensamente poetica come quella raccontata da François Place in Il segreto di Orbae. Dunque non una storia zuccherosa e consolatoria, ma la descrizione di quel sentimento per il quale il prima e il dopo sono incommensurabili.
Siamo nel mondo in cui vivono fate e maghi, reami fantastici, re viaggiatori e regine fedeli. In uno di questi regni nasce, figlio di re, Ilian, odiato dal fratello che lo crede responsabile della morte della madre. Ilian vive in un mondo isolato, protetto da un vecchio servitore e dalla magia di una fata, Olia; un giorno, durante le sue peregrinazioni, la incontra e da quel momento i due sono legati da un sentimento insopprimibile e da un destino comune: la fuga.
Entrambi catturati, trovano una piccolissima possibilità di salvezza nel tuffo nel mondo reale, nel nostro mondo, in cui entrambi si incarnano in due giovani francesi. Ilian diviene il figlio 'adottivo' dei signori Perle, proprietari di una rinomata pasticceria; Olia ne segue le tracce e si trasforma, lei eternamente giovane, in ballerina, aiutante di una anziana signora e ancora mille volte, seguendo sempre le tracce del suo amato, che nel frattempo è andato in guerra, la seconda guerra mondiale. Qui Ilian ritrova i segni della presenza di lei e comincia la sua caccia disperata alla ricerca di qualcosa di indefinibile e sfuggente. Accumula prove e le raccoglie dentro scatole, valigie, bauli. Passa il tempo e incontra un ragazzino, l'io narrante della storia, che si è perso in un bosco, lo accoglie, ma non gli racconta la propria storia.
Proprio quel ragazzo, divenuto grande, sarà il testimone di questa vicenda strana e meravigliosa, ricostruendone i frammenti, raccogliendo brandelli di testimonianze, guardando vecchie foto. La sua ricerca, conclusa in un giorno assolato d'estate, e il libro che ne scriverà, sarà il mezzo che consente ai due, che si sono realmente incontrati solo una volta, di tornare nel loro mondo ridando corpo e realtà ad un amore fatato.
E' il fatto che qualcuno ci creda a rendere possibile la vita dell'altro mondo, il mondo fantastico, il mondo dell'infanzia denso di grandi passioni, di grandi avventure e di quella magia che nel mondo reale non ha spazio, ma che possiamo immaginare esprimersi con tutta la sua potenza nel mondo di maghi e fate.
De Fombelle termina il libro con una citazione di Barrie:
Ogni volta che qualcuno dice' Io non credo alle fiabe',
da qualche parte una fata muore
ed è un omaggio al mondo dell'infanzia e alla sua espressione letteraria, un caldo invito a non relegarlo nei confini angusti di una breve stagione della vita. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una riflessione su questo tema, una forte sottolineatura sul potere immenso dell'immaginazione.
E poi, una storia d'amore, che, come dicevo, ha il respiro profondo del romanzo di Place e descrive un sentimento non riducibile al batticuore adolescenziale. Parla a tutte e tutti quelli che almeno una volta nella vita sono stati capaci di uscire da se stessi per amore di qualcuno, cui poter dedicare la vita. Nel romanzo di Place la protagonista è capace di modificare il mondo per salvare l'amato, in quello di de Fombelle i due giovani impiegano una vita intera, attraversando i mondi del possibile e dell'impossibile, per ritrovarsi.
Che dire, un grande romanzo, una storia impegnativa che metterà alla prova le giovani lettrici e i giovani lettori, li costringerà a molti passi indietro, a riletture, a domande che solo alla fine trovano un senso; una struttura complessa, con innumerevoli passaggi di tempo e di luogo, che richiede un lettore e una lettrice attenti e pazienti; una lettura impegnativa, dunque, ma che merita in pieno lo sforzo di affrontarla.

Eleonora

“Il favoloso libro di Perle”, T. de Fombelle, traduzione di M. Bastanzetti, copertina di M. Di Giorgio, Mondadori 2015



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

$
0
0

ASPETTARE. CON PAZIENZA

La voliera d'oro, Anna Castagnoli, Carll Cneut
Topipittori 2015


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Girava inquieta tra le sue centouno voliere, ma l'ultima (una voliera d'oro che suo padre l'imperatore le aveva regalato per il suo ultimo compleanno - il decimo) era sempre vuota. 'Ah, servi inetti! Ah, incapaci stupidi servi!' piagnucolava. 'Se solo mi portassero un vero uccello COME-DICO-IO, potrei finalmente riempirla!'"

Si chiama Valentina ed è insopportabile. Viziata, come spesso accade alle figlie di imperatori, incontentabile, piena di scarpe e di cappelli, questa bambina ha una passione per gli uccelli. Ma non si accontenta di passerotti o cardellini, è in cerca di uccelli esotici, forse solo immaginati, uccelli dalle ali di cristallo o dal becco di corallo. I suoi servitori girano in ogni angolo del mondo e cercano, invano, di accontentare ogni suo capriccio ornitologico. Ne va della loro testa. Se Valentina non giudica di suo gradimento il volatile che loro le presentano, ZAC, i servi vengono decapitati. La voliera d'oro, l'ultima da riempire, la più preziosa, aspetta un uccello che la bambina ha solo visto in sogno: l'uccello che parla. La schiera di servi attoniti davanti all'impossibile richiesta si mette in cerca... Arrivano pappagalli, merli indiani ma c'è una bella differenza tra un uccello che ripete e un uccello che parla, e Valentina lo sa bene. Il sangue continua a scorrere e il regno stesso è ormai sull'orlo della rovina, quando un giovane si presenta a lei dicendole che lui sa come accontentarla. 
Le mette tra le mani un ovetto e le dice di aspettare. E lei nell'attesa costruisce un nido di capelli...
 

Come Valentina, abbiamo avuto pazienza e ci siamo messi ad aspettare. Ad aspettare che Carll Cneut finisse i suoi disegni, che De Eenhoorn pubblicasse De Gouden kooi, che Topipittori lo portasse in Italia come La voliera d'oro. In tutto questo lungo tempo, se sintonizzati su Le figure dei libri, ci si poteva tenere aggiornati seguendo, passo per passo, il crescere, lo svilupparsi, il definirsi delle figure e del libro nella sua forma compiuta. Si poteva sapere del clamoroso successo editoriale avuto in Belgio, del sold outin poche settimane e anche di certe curiose coincidenze nelle vite di autrice e illustratore.
Mi capita, fortunatamente di rado, che alcuni libri galleggino sulle superfici di casa - tavoli, sedie, mensole - e non vengano subito 'studiati'. Sembrano aspettare adeguate profondità e originalità di pensiero.
È un po' come se la loro presenza io la valutassi così ingombrante da essere degna di pensieri solo lungamente sedimentati.
La voliera d'oroè uno di questi, perché è decisamente un libro 'ingombrante' e 'ingombrante'è soprattutto il suo illustratore.
Occorreva aspettare. 
E poi, mi sono chiesta, cosa posso dire che non sia già stato detto?


Riconosco Cneut come un maestro assoluto dell'illustrazione e scriverne senza essere eco di pensieri e riflessioni di altri è impresa difficile, se non impossibile.
Siate, quindi, indulgenti.
Il tessuto narrativo su cui Cneut ha lavorato sembra cucito, o dovrei dire ricamato, su di lui. Ad Anna Castagnoli (e modestamente anche a me) non pare possibile che altri avrebbero potuto farlo o farlo meglio.
Con i toni di una fiaba, per crudeltà e per ambientazione, la narrazione è portatrice di un forte contenuto simbolico, è avvolta in un'atmosfera di mistero, di cose non dette.
Perfetta per Cneut.
Anche se nulla è effettivamente magico, come in una fiaba si entra subito in medias res e il finale si perde nella nebbia.
Ideale per Cneut. 


Maestro del bianco sulla pagina,si concentra in un tessuto di uccelli e natura: robusti alberi e arbusti, foglie e fiori di ogni specie che segnano il confine del giardino imperiale. Punteggia qua e là segni di morte, evocatori della malignità di quella principessa insoddisfatta. 
Il resto sono uccelli che escono e entrano e che giocano con i margini del foglio.
Tipico per Cneut.


Protagonisti primari sono gli uccelli, che compaiono in una sorta di texture di diversissimi esemplari che riempiono la pagina o che, singoli, occupano l'intero foglio, un po' finiti un po' solo accennati, un po' veri, un po' immaginati. Altrettanto in primo piano, e altrettanto ritratti in una sorta di intreccio di colori e di incastro di volumi, sono i servi. Essi, al pari degli uccelli, in questo libro sono una categoria figurativa, un unico corpo con molte teste e un'unica espressione di terrore nei loro sguardi. 


Consueto per Cneut.
Solo in un caso, di rara carica emotiva, tre o quattro di loro si permettono di saltare letteralmente fuori dalla legatura centrale della pagina, sfruttandola per ciò che è, ovvero un taglio in una superficie continua, al pari di un sipario chiuso. E da lì corrono nelle due diverse direzioni, in cerca di uccelli.
Solo un maestro come Cneut...
A matita, come in una sorta di non finito (cui corrisponde il non detto del testo), uno sfondo di gabbie vuote. Loro sono anche importanti protagoniste e costituiscono una sorta di griglia dove tutto appoggia.
E poi c'è lei, Valentina,  con cappelli sempre diversi e una malinconia molto nordica negli occhi e tanto disegno alle spalle.
La sua malinconia generata dall'insoddisfazione, sembra essere la prova della sua solitudine che, nonostante tutto, ce la fa amare. Piccola com'è, schiacciata e perduta tra i suoi uccelli.
La malinconia dei personaggi di Cneut.

Calibrato in ogni sua parte, si vede e si sente un lavoro lungo e accurato di pulizia e limatura del testo, anche nei sui esiti grafici, nel contempo modernissimo -ZAC- e antico.
La perfetta armonia tra testo e figura lo rende un libro che ha il carattere di un traguardo raggiunto.

Carla

Noterella al margine. Prendo come regalo di compleanno l'averne, spero, saputo scrivere.


FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

$
0
0

I COLORI DI CNEUT


Contemporaneamente a La Voliera d'oro, è uscito, sempre grazie a Topipittori, lo strabiliante libro da colorare di Carll Cneut: Uccelli da disegnare e colorare con Carll Cneut.
Abituati al proliferare dei coloring book, questo libro potrebbe erroneamente passare come uno dei tanti activity book, magari solo un po' più raffinato.


Errore. Sono pochi i testi di questo genere, di cui ho parlato più volte, ad essere qualcosa di più di libri divertenti e stimolanti per quelle bambine e e quei bambini con la passione del disegno. Intanto, non abbiamo disegni perfettamente definiti, le cui campiture vanno rispettate, attività per altro divertente; vediamo piuttosto suggerimenti, indicazioni, che mettono vicino il definito, cioè la parte di disegno realizzata e dipinta, e l'indefinito, proprio quello che ciascuno/a può completare e interpretare a piacimento.


E qui ci si può davvero sbizzarrire, assecondando la ricerca del dettaglio, la definizione attenta degli sguardi, oppure si può percorrere la strada del bozzetto, del disegno accennato, della macchia di colore 'interpretata' e piegata a rappresentare questo o quel volatile.
Infine, la tavolozza di Cneut, fatta di colori brillanti, pastosi, decisi; i contrasti, gli sfondi, ora definiti, ora no. L'artista in erba può decidere di seguire l'indicazione pittorica, ma può anche scegliere dei pastelli, matite acquarellabili, pastelli a olio, matite grasse. Ma, ancora meglio, si possono mescolare le tecniche, cercando di raggiungere quella densità materica propria del lavoro di Cneut.


Ma non finisce qui, come non citare la galleria di pennuti, alcuni ritratti con precisione calligrafica, altri accennati, ma ben riconoscibili, altri ancora divertita sintesi di realtà e immaginazione. E' anche un invito a saper guardare con curiosità e attenzione questo o quell'aspetto del mondo, di vederne il lato estetico, piegandolo anche a rappresentare emozioni e sentimenti umani.


Sono 80 pagine meravigliose, che invitano anche i più restii a cimentarsi con questa voliera immaginaria, piena di uccelli variopinti, buoni e cattivi, assorti o intenti a guardare l'osservatore con occhio indagatore.
Come resistere... 



Consiglio caldamente grandi e piccoli a mettersi alla prova, è davvero un'occasione rara poter dipingere con Cneut, far proprio il suo immaginario, la sua maestria, i suoi colori che 'bucano' la pagina.

Eleonora

Uccelli da disegnare e colorare con Carll Cneut”, C. Cneut, Topipittori





Viewing all 1679 articles
Browse latest View live